Trivelle senza limiti, annullato il piano delle aree non idonee

Il Tar del Lazio si è pronunciato a favore del ricorso dell'azienda Padana Energia contro Ministeri e Presidenza dei Ministri che avevano adottato il PiTESAI

ROVIGO – Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) lo scorso 12 febbraio 2024 ha pronunciato sentenza sul ricorso proposto dalla Società Padana Energia S.r.l contro il Ministero della transizione ecologica, Ministero della cultura, Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l’annullamento del Decreto del Ministro della Transizione Ecologica n. 548 del 28 dicembre 2021, recante “Approvazione del Piano per la transizione ecologica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI)”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 35 del 11 febbraio 2022; nonché di ogni ulteriore atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto.

Il Tar si è definitivamente pronunciato sull’articolato ricorso, lo accoglie in parte, ed annulla il PiTESAI che fissava i limiti alle attività di esplorazione di petrolio e gas individuando le aree adatte alle trivellazioni in particolare nel mare Adriatico settentrionale da Rovigo a Trieste.

Il piano escludeva sei regioni da qualsiasi attività legata agli idrocarburi, la Valle d’Aosta il Trentino Alto Adige, la Liguria, l’Umbria, la Toscana e la Sardegna, ed indicava dei vincoli assoluti escludendo alcune località dove in passato le attività di estrazione erano già state vietate.
Infine introduceva alcuni vincoli aggiuntivi di esclusione, ovvero ulteriori limitazioni per preservare altre aree sensibili come i siti Unesco.

Il territorio nazionale era stato analizzato ed alcune porzioni erano state ritenute idonee per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Tra queste rientrava gran parte della pianura padana, della Sicilia è una porzione del Mar Adriatico che affaccia sulle coste della Puglia.
La divisione generale era aree idonee e non idonee presentava comunque diverse eccezioni. Le concessioni già attive in mare, per esempio, anche con l’introduzione del piano hanno comunque potuto proseguire avendo una o più infrastrutture in aree non idonee.

Il piano era stato fortemente voluto dai Cinquestelle ai tempi del primo governo Conte ed è entrato in vigore nell’autunno 2021 con il governo Draghi.

L’annullamento del piano delle aree idonee operato dal Tar del Lazio, e la riapertura delle porte della produzione e delle concessioni in alto Adriatico del governo Meloni con il decreto legge Aiuti quater (LEGGI ARTICOLO), che conteneva la norma denominata “sblocca trivelle”, in aggiunta all’ultimo DL Energia del 9 Dicembre 2023 contro il quale è stata avviata la raccolta firme da inviare al Capo dello Stato (LEGGI ARTICOLO), che prevede come nel tratto di mare oltre le 9 miglia dalla costa, compreso tra il 45° parallelo e 40 km più a sud, ossia tra Taglio di Po e Comacchio, sancisce che d’ora in poi sarà possibile estrarre gas naturale senza più limitazioni d’area, una condizione che pesa come un macigno sul futuro del Polesine.

Il rischio è quindi quello che si potrebbe addirittura estrarre idrocarburi, non solo in deroga alla fascia di rispetto che esiste nel resto d’Italia, ma addirittura all’interno delle aree marine e costiere “a qualsiasi titolo protette”, ossia in forza di leggi regionali e nazionali, ma anche in attuazione di atti dell’Unione europea e persino di Convenzioni internazionali.

Le società di ricerca e coltivazione di pozzi di estrazione ringraziano, il Polesine trema, per la paura di affondare.

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