ROVIGO – Una squalifica che è Appellabile, anche se per quasi tutti, quando arriverà la Sentenza di secondo grado, sarà troppo tardi visto che molti hanno una settimana di squalifica. (LEGGI ARTICOLO) Sospensioni che non solo fanno discutere, ma devono far riflettere sulle procedure.
Partiamo da un concetto che è Legge: il referto arbitrale per il Giudice Sportivo è quasi la Bibbia. Il Giudice si deve fidare di ciò che scrivere un direttore di gara, lo deve fare perchè altrimenti il sistema non regge. E’ chiaro, e questo lo deve essere a tutti, che la squalifica di tutti i giocatori in distinta dell’amichevole tra Rugby Rovigo Delta e Petrarca Padova del 15 settembre, non solo è un errore clamoroso, ma è viziato da gravi mancanze.
Al di là della vittoria sul campo dei Bersaglieri (LEGGI ARTICOLO), a 5 minuti dalla fine Facundo Ferrario ha una reazione contro un giocatore del Petrarca dopo una placcaggio ruvido e pericoloso. Ne nasce una zuffa che vede coinvolti diversi giocatori, una decina non intervengono, altri cercano di fermare i più esagitati. Tutto termina nel giro di 70 secondi. L’arbitro estrae due cartellini rossi (Ferrario del Rovigo e Panunzi del Petrarca). C’è da dire, che a fine partita, tutti si sono stretti la mano, all’80’ il match è finito, zero strascichi, contrariamente ad altri sport. Un richiamo per tutti i partecipanti alla zuffa sarebbe stato normale, soprattutto in una amichevole, ma evidentemente l’arbitro ha usato un metro di giudizio differente.
Ma quando si invia un referto deve essere chiaro e cristallino chi è il responsabile di una condotta meritevole di attenzione. In questo caso, ed è palese a tutti, se sono state comminate 62 squalifiche, è chiaro che c’è un errore di fondo, e non può essere del Giudice (nella fattispecie l’esperto avvocato Cordelli). Non si può punire un atleta professionista che resta a guardare, senza intervenire.
Sgombriamo subito il dubbio che si tratti di una condanna politica nei confronti di Rovigo e Petrarca Padova, unica vera ricchezza del rugby domestico. E’ evidente che si tratta di un cortocircuito generato dal fatto che il derby ‘amichevole’ non aveva copertura televisiva (anche se la prova tv non è ammessa in primo grado, è evidente che chiunque chiamato a giudicare si sarebbe fatto un’idea dell’accaduto). Il referto probabilmente non specifica eventuali atleti da punire, se non quelli che hanno rimediato il cartellino rosso (fin troppo severo), chiamando in causa tutti i Bersaglieri e petrarchini, anche quelli che sono rimasti a guardare. Qualunque avvocato presenterebbe ricorso. Ci auguriamo, per il bene del rugby italiano nel Mondo, che FemiCz Rovigo e Petrarca Padova lo presentino. Soprattutto per fare chiarezza su una pagina nera dello sport, che nella città in mischia è una religione.
Da non sottovalutare l’aspetto economico e d’immagine per le due finaliste degli ultimi tre campionati italiani. Venerdì al Battaglini si doveva (ma non ci sarà) disputare l’amichevole tra Rovigo e Colorno, un remake dell’ultima semifinale scudetto. Attesi almeno 1000 tifosi paganti, oltre all’indotto (club house e merchandising). Di risse di questo tipo se ne vedono spesso, soprattutto nei campionati esteri. E per fortuna questo weekend non c’è campionato, altrimenti Rovigo e Petrarca avrebbero perso la partita a tavolino.
Laconico il commento di Fabio Baroni, presidente del club Passione rossoblù “Alla luce della rissa sportiva della settimana scorsa avvenuta durante la poco amichevole partita tra la Rugby Rovigo Delta e quelli al di là dell’Adige, nel rispetto totale delle regole, mi sento di dissentire dal referto arbitrale dove, udite udite, ben trenta giocatori rossoblu son stati squalificati per una settimana.
Indi, non si disputerà l’incontro previsto con il Colorno. Stessa sorte a Chiàltri che, in considerazione delle squalifiche, hanno dovuto sospendere, domani, un allenamento congiunto. Bisogna prendere atto che non è più il ‘nostro’ Rugby fatto di ‘incroci’ tra giocatori.
Ultimo appunto: se la partita scappa di mano, onestamente, anche l’arbitro deve farsi una domanda”.
Giorgio Achilli