Era presente anche il ministro Giuseppe Valditara, nell’ultimo mese altre 4 aggressioni a docenti, bisogna fare qualcosa, e presto

ROMA – Docenti in balia dei bulli, il caso di Rovigo (LEGGI ARTICOLO) è arrivato alla VII Commissione del Senato, presente anche il ministro Giuseppe Valditara.

La docente dell’Itis di Rovigo, Maria Cristina Finatti, mercoledì 15 marzo ha raccontato alla Commissione quanto accaduto. Due colpi, non uno, sparati in classe alla docente di Scienze della Terra e Biologia, con una pistola ad aria compressa. Il tutto ripreso da un telefonino di uno degli alunni.

La docente Maria Cristina Finatti è decisa ad andare fino in fondo. Ha denunciato tutta la classe, assistita dagli avvocati Tosca Sambinello e Nicola Rubiero del Foro di Rovigo.  

L’esposto è stato presentato al Tribunale dei minori per lesioni, oltraggio, diffamazione e atti persecutori (LEGGI ARTICOLO). Ma c‘è anche un procedimento partito d’ufficio per interruzione di pubblico servizio, indagati tre ragazzi, chi ha sparato, il proprietario della pistola e chi ha filmato. L’obiettivo dei ragazzi era di spopolare sui social, ci sono perfettamente riusciti squarciando il mondo mediatico di tutta Italia, coinvolgendo due ministri del Governo, ed aprendo un dibattito acceso sulla scuola. 

“Come noto l’11 ottobre 2022 – ha raccontato la docente – durante lo svolgimento della mia lezione, si è verificato un fatto gravissimo. Più precisamente, sono stata colpita, prima alla testa e poi al volto, da due pallini di plastica, con l’utilizzo di una pistola ad aria compressa. Per puro miracolo, non ho subito un danno, forse anche irreversibile ad un occhio, in quanto protetta dalla mascherina FFP2, che indosso sempre durante le lezioni. 

Il fatto è stato ripreso da un alunno, tramite l’impiego del suo cellulare, e pochi istanti dopo il video è stato immesso in rete, avendo una diffusione virale. 

Molteplici sono le ferite che hanno segnato in modo indelebile la mia dignità e sensibilità prima di tutto come persona e anche quale docente. 

Infatti, dopo i primi clamori locali che hanno fatto seguito ai fatti, la mia vicenda personale è stata avvolta da un oblio totale; ho percepito proprio la volontà da parte di tutti di soprassedere a tale episodio, come se nulla fosse accaduto; si doveva “dimenticare tutto”. 

Riservate le mie valutazioni dal punto di vista etico, faccio presente che è stata del tutto negletta anche la valenza penalmente rilevante degli eventi, di cui sono stata, mio malgrado, vittima. 

Dopo pochi giorni l’accaduto, ho avuto la chiara e ferma percezione, in tutti i soggetti che mi circondavano, che l’ormai noto episodio non si fosse mai verificato. 

Mi sono sentita del tutto abbandonata e tale assordante silenzio ha ingenerato la sensazione che tutto fosse avvenuto quasi per mia colpa. 

Dopo una prima solidarietà quasi dovuta e di rito, tutto è stato avvolto dall’indifferenza, dal disinteresse assoluto, con un radicale svilimento della mia persona. 

Non ho percepito da alcuno la vicinanza per la gravità di una condotta, che, nel caso di specie ha interessato me, ma ben può accadere in danno di altri colleghi della nazione, i quali, come me, si recano a scuola ogni mattina e cercano di trasmettere contenuti e conoscenza ma, prima di tutto, il rispetto dell’altro. 

Benché vittima e persona offesa per quanto accadutomi, sono stata fagocitata da un vortice mediatico, dove la mia identità era diventata un oggetto. 

E a tale conclusione pervengo in quanto il fatto occorso, impregiudicata la sua gravità in re ipsa, era diventato occasione per dileggiare un docente, che svolge il proprio ruolo, letteralmente gettato in pasto al pubblico ludibrio di tutti gli utenti di social ed internet.  

Dopo un periodo di profondo scoramento e quasi anestetizzata da quanto accadutomi, ho trovato infine la forza di reagire e mi sono rivolta ai miei legali, Tosca Sambinello e Nicola Rubiero, dai quali in primo luogo ho avuto una profonda solidarietà ed amicizia”. 

È doveroso uno spunto di riflessione sul ruolo del docente, senza voler comunque cadere in una facile generalizzazione. 

“L’indifferenza e la noncuranza dei molti – ha sottolineato la docente – troppi che mi hanno circondato, mi ha fatto capire che, spesso, gli studenti non hanno alcuna considerazione del docente e della sua fondamentale funzione, che è quella di “gettare un seme” nella mente degli alunni, con l’auspicio che esso germogli e diventi pianta. Uso questa metafora, in quanto ritengo che lo scopo principale del mio lavoro sia quello di aiutare la crescita delle menti, la capacità di sviluppare il ragionamento e la coscienza critica, ciò al di là delle singole conoscenze apprese. 

Analoga ed ancor più grave percezione ho avuto nel contegno dei genitori, i quali si sono blindati in una difesa indefessa e aprioristica dei loro figli. 

Giungo pertanto alla conclusione che ormai anche i genitori hanno perduto il senso della funzione del docente e del suo ruolo di “aiuto” alla crescita del figlio, destinato a diventare un cittadino, al quale non possono mancare i principi basilari della convivenza civile. 

Ho percepito come pugnalate i commenti di quanti hanno quasi attribuito la colpa a me di quanto occorso, in quanto ciò sarebbe avvenuto a causa di mie supposte carenze nella gestione della classe. 

La mia “denuncia” si sospinge oltre la vicenda personale. Infatti, rendendo pubblica la questione, ho voluto sensibilizzare le persone e, soprattutto, i colleghi a denunciare fatti analoghi al mio. 

Il docente non è merce di scambio, la cui legittimità viene riconosciuta solo se il consumatore finale è soddisfatto. 

Ed è proprio questa la percezione che oggi molte scuole lasciano trapelare ai ragazzi e ai loro genitori, classificati ormai quali “utenti – consumatori finali”. 

Il percorso avviato con i miei legali, in ogni caso, non ha lenito né alleviato la ferita inferta alla mia persona. E tale convincimento è suffragato dalla perdurante condotta degli alunni e dalle interlocuzioni con i loro genitori.

Questo pervasivo svilimento valoriale rende assai gravoso lo svolgimento delle mie lezioni quotidiane, per due ordini di ragioni. Infatti, in primo luogo vivo nel timore anche solo della irrisione degli alunni della scuola, accompagnata dall’indifferenza dei colleghi. E nel contempo, quale cittadina, mi rammarica il decadimento morale, che si ravvisa anche nei fondamenti dei rapporti interpersonali. 

Ho trovato un supporto nella politica e ringrazio la sensibilità del Ministro, manifestata verso di me. 

In conclusione, il senso del mio intervento è quello di dare voce alla figura dell’insegnante e al suo ruolo educativo – culturale, confidando che la scuola possa intervenire fattivamente per colmare quelle carenze relazionali e valoriali di tutti gli utenti della scuola, mancanze da cui derivano non solo fatti analoghi al mio ma una fragorosa e ovattata indifferenza da parte della collettività”.

A Palazzo Madama anche gli avvocati della docente, Tosca Sambinello e Nicola Rubiero. “Dopo la circolare che prevede la presa in carico da parte dell’avvocatura di Stato dei docenti vittime di casi di violenza a scuola, in un mese sono stati 4 i casi segnalati – ha dichiarato Valditara ministro dell’istruzione  – Si deve andare per soluzioni che impongano ‘più scuola e non meno scuola’ agli autori: non sono favorevole alla sospensione.  Sottrarli dalla scuola non serve a recuperare lo studente autore dei fatti. Abbiamo dato disposizione ai miei uffici di avviare un monitoraggio su ogni singolo episodio che si verifica nelle scuole, partendo dagli uffici scolastici regionali”. L’avvocato romano Marco Natale intervenuto sul tema, “i ragazzi sanno perfettamente che dopo 4 mesi di messa alla prova il reato si estingue. E così scatta la recidiva, dopo una giustizia riparativa che non risolve la questione e non aiuta nè il carnefice, nè la vittima”. 

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