Una seduta speciale per la Giornata della Memoria. Mercoledì 25 gennaio, la VI Commissione permanente del Consiglio regionale è stata dedicata alla tragedia della Shoah  

VENEZIA – Una seduta speciale per la Giornata della Memoria. Mercoledì 25 gennaio, la VI Commissione permanente del Consiglio regionale è stata dedicata alla tragedia della Shoah e ha visto intervenire in aula tra gli altri alcuni parenti di Lala Lubelska, testimone di quella tragedia prima del ghetto di Lodz in Polonia, poi nei campi di Auschwitz, Flossenburg e Mauthausen, e polesana dotazione, avendo scelto per amore di trasferirsi dopo la guerra proprio a Badia Polesine.

Dopo gli interventi istituzionali che hanno aperto i lavori, affidati al presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti e all’assessore regionale alla Cultura Cristiano Corazzari, che hanno relazionato sulle iniziative assunte nel 2022 dalla Giunta lagunare in attuazione dell’articolo 4 delle Legge regionale 5 del 2020, seguiti dai saluti della presidente della Commissione Francesca Scatto e dei presidenti delle tre Comunità ebraiche Veneto – Venezia, Padova e Verona – è toccato a Giorgio e Rachele Cicogna, figlio e nipote di Lala, che proprio nell’inferno dei campi, a Flossenburg, conobbe il veneziano Giancarlo Cicogna, con cui poi nel 1947 costruì una nuova vita e una famiglia proprio alle porte di Rovigo: la loro toccante testimonianza personale è stata introdotta dalla consigliera regionale Laura Cestari. 

“Giornate come questa – così la Cestari – aiutano a rimettere le cose nel loro ordine naturale perché non si tratta solo del popolo ebraico ma di un’Europa intera fatta di volti spaventati. Parlo da polesana, per quella terra che ancora oggi molti, anche in sedi istituzionali, definiscono l’ultima non sapendo invece che la nostra gente anche nelle difficoltà più lugubri si è sempre rialzata dando sostegno a chi ne avesse bisogno.

I polesani, come molti altri, hanno subito le nefandezze di una guerra che ancora sa di piombo, cemento e gas. Come come molti altri hanno subito il domicilio coatto ma come invece pochi altri polesani hanno insegnato un’accoglienza fatta di amore, rischio ed autentica fratellanza, quella che non parla lingue differenti e non ragiona per razze.

Isers di Badia Polesine, l’associazione il Fiume, il Comitato Pietre d’inciampo: sono alcuni dei gruppi in Polesine che si occupano oggi di ricerca, divulgazione e studio. In una parola di ‘memoria’, e poi ci sono i figli ed i nipoti di chi quelle storie non le può più raccontare, ma che hanno lasciato un’eredità dal valore inestimabile: racconti di vita, storie vissute e il messaggio che il futuro va guardato con coraggio perché  il mondo non dipende dagli altri, ma da come noi ci poniamo e da quello che decidiamo di essere”.

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Toccante il racconto di Rachele Cicogna, nipote di Lala: “Nonna amava i giovani, diceva spesso che mettere nelle loro mani la prova concreta di ciò che ritenevano astratto, li avrebbe aiutati a costruire un mondo migliore. Lodz diventò ghetto nel settembre 1939 quando lei aveva 13 anni, e ne aveva 19 il 5 maggio 1945 quando venne liberata Mauthausen: quell’alba della vita in cui di vita si è avidi l’ha trascorsa internamente da vera e propria schiava, congelando quella fame di vivere che sapeva sempre riconoscere nei ragazzi che incontrava”. 

Un intervento lungo che ha ripercorso la storia di Lala, dalla deportazione della madre a Chelmno, alla vita dei campi con il rischio quotidiano di morire di fame, stenti o sotto le mani del famigerato dottor Mengele, quello degli esperimenti sui bambini, fino agli anni del dopoguerra, quando conobbe l’uomo con cui avrebbe dato vita a una famiglia prima dell’esperienza in Israele fino all’arrivo in Italia, a Badia Polesine: una storia incredibile degna quasi di un film, tanto che persino il grande Steven Spielberg, regista di Schindler’s List, venne in Italia per filmarne la testimonianza, 3 giorni di riprese con 9-10 ore davanti a una telecamera. “Nonna era fatta così, capace anche di accogliere una signora tedesca, venuta nel nostro Paese dopo il conflitto a cercare le spoglie del figlio morto in guerra…”.

A chiudere l’intensa mattinata, i contributi di Davide Romanin Jacur, assessore al Bilancio dell’Ucei (Unione Comunità Ebraiche Italiane) per delega del presidente nazionale Noemi Di Segni che ha portato l’esempio di Padova relativamente al ritorno al viaggio della Memoria dopo lo stop imposto dalla pandemia, e Antonio Spinelli, docente distaccato presso l’Istrevi (Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Vicenza) e a Ca’ Foscari, che ha ripercorso le vite in fuga degli ebrei stranieri in Veneto. Ai lavori ha partecipato anche una delegazione della Consulta regionale dei ragazzi e delle ragazze accompagnata dal presidente dell’associazione “Amici del villaggio” Antonio Bonamin.

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