Paciclica incontra Nathan Levi per parlare di pace

Alla “Casa della legalità” di Salvaterra lo scrittore autore del libro “La metamorfosi dei papaveri” introdotto dal presidente Fiab di Rovigo Denis Maragno 

BADIA POLESINE (Rovigo) – Al 40° Festival dei Popoli, il 9 luglio, la quinta edizione della Paciclica delle Terre Basse ha incontrato nella “Casa della legalità” di Salvaterra lo scrittore Nathan (Donato) Levi, autore del libro “La metamorfosi dei papaveri”. 

Il libro, pubblicato nel 2021 da Tresogni, è un coinvolgente thriller politico-morale sul conflitto israelo-palestinese, ambientato in un futuro immaginato, il cui esito lasciamo scoprire al lettore. 

Il titolo è una metafora del cambiamento e i papaveri, fiori simbolo di quella terra e di quei popoli, sono la raffigurazione di un’emergente malinconica presa di coscienza.

Introdotto dal presidente Fiab di Rovigo Denis Maragno, Levi ha interloquito intrecciando le esperienze personali, da quelle giovanili a Gerusalemme a quelle maturate come pediatra giramondo, con la trama del romanzo, il tutto sospeso fra fantasia e realistico pessimismo sul futuro, anche se non manca la speranza. 

“Lo Stato che ho conosciuto negli anni ’50, – ha sottolineato l’autore –  era diverso. A quel tempo nel governo prevalevano i laici, con Ben Gurion c’erano stati tentativi seri di dialogo e la radio parlava di pace, anche se il vero problema è sempre stata l’incapacità di entrambe le parti di arrivare a dei compromessi. Certamente le quattro guerre arabo-israeliane e il fatto che per cinquant’anni nella sua carta costituente Arafat prevedesse la distruzione dello Stato d’Israele ha complicato tutto. È altrettanto vero che i mutamenti socio politici prodotti dall’immigrazione (specialmente dall’Est Europa) hanno modificato la composizione sociale israeliana favorendo l’ascesa degli Ultraortodossi, per altro molto prolifici. Questi, sostenuti dagli Evangelici statunitensi, che intravedono nel ripristino del grande Israele biblico la premessa per il ritorno del Messia, spingono la politica ad una deriva ultranazionalista e all’instaurazione di uno Stato confessionale a detrimento della democrazia”.

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Dall’estrapolazione di qualche stralcio del romanzo, in cui il protagonista è lo stesso autore sotto mentite spoglie, emerge che la trama risponde al suo desiderio che Israele possa vivere in pace con i palestinesi ma i due popoli sembrano incapaci di accettare il proprio destino comune in quella terra. “La soluzione sarebbe quella dei due stati ma oggi appare una chimera. Ho però inteso dare voce all’ipotesi, appena fantascientifica, – racconta l’autore – che la pace sia raggiungibile stimolando l’empatia verso la sofferenza del nemico. Del resto ci sono già esperimenti nelle neuroscienze sull’argomento, attraverso la somministrazione dell’ormone ossitocina”. In questo quadro narrativo una pediatra e un informatico palestinesi, un medico, un farmacista e una biologa israeliani, un fantomatico e inafferrabile killer inglese (tutti sotto l’implacabile presenza dello Shin Bet, il servizio segreto israeliano), diventano le icone involontarie di valori, pregi e difetti reali, provocando nel lettore riflessioni politiche e morali. Sarà la metamorfosi interiore di alcuni di essi a determinare l’esito finale, simbolicamente collocato nei pressi del muro del pianto. 

Sollecitato dalle domande dei presenti, Levi ha affrontato il problema del ruolo delle religioni nella contrapposizione e quindi nella guerra. “Noi siamo il prodotto di due tipi di evoluzione, una è quella biologica e darwiniana, l’altra antropologico-culturale. Eravamo tribù di cacciatori e ci portiamo dentro la nostra tribalità. Il radicalismo religioso ha certamente favorito il perdurare della tribalità. D’altra parte la sacralità non contempla compromessi”. 

Ugo Mariano Brasioli

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