LENDINARA (Rovigo) – In un pomeriggio pieno d’amarcord e nostalgia, il docufilm prodotto con materiale d’archivio da Carlo Alberto Azzi ha richiamato, domenica 3 novembre, molta gente. Nella platea del Ballarin c’erano non meno di 250 persone, alcuni protagonisti di quell’epopea rossa e molti curiosi; purtroppo pochissimi giovani. Segno dei tempi? Ciononostante, chi era presente ha potuto rivivere un interessantissimo settantennio di storia locale.
Ad introdurre la proiezione del docufilm “C’erano una volta le feste dell’Unità”, ideato e sceneggiato da Carlo Alberto Azzi, con realizzazione filmica di Ferdinando De Laurentis, è stata la sindaca Francesca Zeggio che saputo porre l’accento sul valore della memoria condivisa. Presenti in sala anche il vicesindaco Natale Dallagà e il consigliere Franco Fioravanti, i consiglieri di opposizione Sergio Manzon e Stefano Borile. a presentare il docufilm.
L’ex onorevole Diego Crivellari, rivendicando la sua militanza politica in quell’area politica, ha proposto alcune appassionate riflessioni sul “Lavoro importante” di Azzi. “Importante per la conservazione della memoria e per parlare alle nuove generazioni. Importante perché dal 1945 in poi le feste dell’unità non sono state soltanto momenti in cui il Partito comunista, con le sue evoluzioni successive, celebrava sé stesso…ma, come diceva Pasolini, costituivano uno spazio aperto in cui mettendo insieme politica e svago tutti potevano partecipare. Qualcosa che oggi sembra appartenere ad una dimensione indefinita …quasi leggendaria”. In quel “C’erano una volta” però s’incociano immagini e storie vere e non banali, anche se di un tempo che appare lontano. Ecco che il docufilm diventa un omaggio sentito e doveroso ad un ideale nobile ed antico come quello della militanza, per la quale si sacrificava il proprio tempo libero, liberamente, gratuitamente, qualcuno perfino le ferie.
Crivellari ha anche ricordato il carismatico Mimì Sangiorgio, che definiva la festa dell’Unità “Un rituale magico”. “Era il tempo di chi ci credeva” riproposto al presente, affinché non si perda un tassello fondamentale della vita di questa comunità.
Diego Crivellari ha affidato alle parole di Giorgio Gaber la conclusione: “Qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro, qualcuno perché sognava una realtà diversa da quella americana, qualcuno era comunista perché credeva d’esser vivo e felice sono se lo erano gli altri, qualcuno lo era perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo…qualcuno era comunista perché in questo slancio era più di sé stesso”.
Carlo Alberto Azzi, invece, si è limitato a spiegare il menabò che accompagna la proiezione, ringraziando i presenti e l’amministrazione comunale “…che di buon grado ha accetto la proposta mettendo a disposizione il teatro”.
È seguita la proiezione del pregevole docufilm, del quale alleghiamo un estratto (autorizzato da Azzi), con abbracci ed applausi finali.
Ugo Mariano Brasioli