L’inflazione erode il potere d’acquisto dei pensionati polesani

Per affrontare i rincari servono in media 103 euro in più al mese Nella nostra provincia due pensioni su tre sono sotto i mille euro. Penalizzate soprattutto le donne

ROVIGO – La rivalutazione insufficiente, l’inflazione che continua a mordere, il mancato innalzamento delle pensioni minime. A causa di questa pericolosa combinazione di elementi, i pensionati polesani continuano a perdere potere d’acquisto, in particolare sul carrello della spesa, che rincara con percentuali a doppia cifra.

L’inflazione morde. Lo studio del Sindacato dei Pensionati evidenzia il divario fra l’aumento delle pensioni, legato principalmente alla rivalutazione, e l’incremento dei prezzi, che pure quest’anno morde i bilanci delle famiglie polesane. Secondo le elaborazioni dello Spi Cgil sui dati Istat, nella nostra provincia la spesa media mensile di un ultra 65enne è passata dai 1.290 euro del 2021 ai 1.393 euro del 2022 con un aumento di 103 euro. 

Nel 2023, con una inflazione attorno al 5 per cento, il conto per le famiglie è aumentato mediamente di altri 70 euro, attestandosi a circa 1.463 euro. A partire da quest’anno gli anziani polesani stanno sborsando in media 173 euro in più al mese in confronto al 2021, quando i rincari si aggiravano attorno all’1 per cento.

Pensioni nel 2023. A questo punto il ragionamento si sposta sulle pensioni e sulla rivalutazione, grazie agli ultimi dati Inps. Il valore medio delle pensioni private in Polesine è passato dai 911 euro lordi mensili del 2022 ai 976 euro attuali, con una crescita assoluta di circa 65 euro e un aumento percentuale di poco superiore al 7 per cento. Fra uomini e donne le differenze di reddito sono evidenti. Ai maschi arrivano assegni previdenziali medi di circa 1.295 euro lordi (più 78 euro rispetto al 2022) mentre le donne si devono accontentare della metà, 737 euro lordi mensili (più 52 euro in confronto all’anno passato).

Pensioni povere. Si conferma una larga quota di pensioni sotto i mille euro lordi mensili che rappresentano il 64 per cento del totale. In pratica, due assegni previdenziali su tre sono inferiori a quella cifra simbolo, sotto la quale arrivare a fine mese è un’impresa.

Unica consolazione, il confronto con il 2022 quando la quota di pensioni under 1.000 euro era del 68 per cento. Preoccupante, da questo punto di vista, il divario fra i pensionati di età compresa fra i 65 e i 79 anni, che possono contare su pensioni lorde medie mensili di 1.154 euro, e gli over 80 che hanno assegni previdenziali di 745 euro. Il dato dipende dal divario di genere, infatti la stragrande maggioranza dei pensionati over 80 è donna.

Peggiora la qualità della vita. “L’inflazione continua a mordere, soprattutto sul carrello della spesa – dichiara Nicoletta Biancardi, Segretaria Generale dello Spi Cgil di Rovigo -. Constatiamo che diversi nostri pensionati hanno dovuto ridurre molte spese, soprattutto quelle dedicate a prodotti alimentari, spese mediche, farmaci e consumi energetici, rinunciando ad accendere ventilatori e climatizzatori. La qualità della vita peggiora, impattando su salute e socialità. Chiediamo di rivedere il sistema della rivalutazione e auspichiamo che il conguaglio previsto a partire da gennaio 2024 venga erogato in anticipo, come aveva fatto il governo Draghi nel 2022, assecondando le richieste dei sindacati. Torniamo a ribadire la necessità di allargare la platea dei beneficiari della  14esima mensilità e aumentare gli importi”.

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