ROVIGO – Il nuovo Procuratore della Repubblica di Rovigo ha deciso di riaprire l’indagine riguardante la denuncia depositata a marzo 2021 da Alberto Mario Magaraggia, fratello del defunto Giacomo e figlio di Roberto e della del medico rodigino Lucia Picanza.
La vicenda, divenuta un calvario per la famiglia Magaraggia si trascina dal giorno sucessivo all’autopsia sul corpo del giovane, deceduto al Pronto Soccorso di Rovigo dopo quasi due ore dal suo ingresso.
L’ipotesi di reato per cui il querelante, il fratello ed avvocato rodigino Alberto Magaraggia, ha richiesto ripetutamente di indagare è quella della diffamazione, per le frasi non veritiere contenute nella documentazione clinica del fratello deceduto, di falso, visto che i documenti sono stati modificati, e di una sorta di depistaggio operato per non creare clamore su una vicenda dai contorni per nulla chiari, motivo per cui si chiedeva il lavoro della Procura.
Dal canto loro la famiglia ha fatto di tutto e di più per evitare che la denuncia querela cadesse nel vuoto: dalle dichiarazioni rese dal fratello Alberto al magistrato Valeria Motta, visto che era citato come fonte delle dichiarazioni false all’interno dei documenti clinici, alle indagini extra svolte dalla difesa sulle cause della morte, che confermano il decesso per pericardite, al ritorno in Procura di settembre 2021, allo sciopero della fame del 2022 del padre Roberto Magaraggia (LEGGI ARTICOLO) che chiedeva giustizia.
Dopo solo 24 ore dalla comunicazione dell’inizio dell’estremo gesto di protesta del padre Roberto arrivò l’archiviazione da parte del Tribunale relativamente alla denuncia.
Comincia quindi il lavoro per proporre opposizione al decreto di archiviazione con l’avv. Gianni Morrone di Padova (LEGGI ARTICOLO), viene fissata udienza di fronte al Gip nella primavera 2023, che però non si esprime nell’immediato, ma comunica la conferma dell’archiviazione a dicembre 2023 (LEGGI ARTICOLO).
Inizia quindi la protesta civile e composta dei genitori di Giacomo di fronte al Tribunale di Rovigo, ogni giorno, per chiedere giustizia. Arriva la solidarietà della cittadinanza, in un giorno di pioggia e finalmente, nelle scorse settimane, la riapertura delle indagini.
“Un’azione interna che crediamo volta al rispetto della Magistratura, dopo una archiviazione frutto di zero indagini e omissioni che si sono trascinate sino alla Gip – afferma con le lacrime agli occhi il padre di Giacomo, Roberto Magaraggia – Un grave vulnus procedurale, che ha interessato il tribunale, come confermatoci da importanti magistrati, onfliggendo alla nostra famiglia un ulteriore atroce dolore dopo la morte di nostro figlio Giacomo.
La denuncia era circostanziata e contenente fatti ineccepibili. Ostacolata sul nascere, prima di formalizzarla, dal comportamento di alcuni componenti dell’Azienda Ulss 5, che non hanno consegnato la documentazione da presentare. Con cancellazioni, sostituzioni di documenti, non completi e altro.
Forse erano e sono nella convinzione che essendo lasciati indisturbati dalla magistratura siano liberi di variare, cancellare, architettare falsità.
Parliamo di pubblici ufficiali, e documenti pubblici. Non aver identificato da subito l’autore dell’infamia, e non averla accertata, è stata come autorizzarla.
Vorremmo vedere genitori, siano essi magistrati, medici, operai o impiegati accettare supinamente una situazione simile. Alberto, avvocato è stato infangato con frasi infamanti e false da lui mai al mondo pronunciate.
Una Giustizia ritardata è una giustizia negata, sosteneva Montesquieu. Probabilmente e finalmente vi saranno ora persone che varcheranno per la prima volta il portone di via Verdi. Tra queste crediamo una teste importante, come la madre di Giacomo e Alberto. Tutto sarà, ci auguriamo, vagliato alla luce del sole, sotto il controllo di un magistrato, come il procuratore, che ha esercitato un suo potere, diremo meglio dovere.
Ora spetta ai tempi supplementari e ai magistrati individuare chi dice il vero e chi no. Tutti possono sbagliare, medici, magistrati, cittadini. Il rimediare si può solo operando con quell’etica che riequilibria, almeno in parte, la disistima che il 70% degli italiani ha dei magistrati” afferma Roberto Magaraggia insieme alla moglie Lucia Picanza che aveva anche sensibilizzato l’opinione pubblica attraverso video messaggi ed un libro dedicato all’amato figlio scomparso (LEGGI ARTICOLO).