Disastro Pd a Rovigo, in quale direzione guarda il partito?

Uscita dalla maggioranza dopo oltre 4 anni e mezzo, accuse e veleni, misero consenso al primo turno sotto il 7%, sconfitta ala ballottaggio

ROVIGO – Dina Merlo, ex assessore della giunta di Edoardo Gaffeo, prima dei non eletti per il Forum dei Cittadini, alle spalle di Matteo Masin, analizza il voto del secondo turno di ballottaggio che ha visto la candidata del centrodestra Valeria Cittadin eletta a sindaco del capoluogo

Il caso di Rovigo

I risultati dei ballottaggi delle elezioni comunali stanno scaldando un dibattito sulla vittoria del centro sinistra nelle grandi città e sulle opportunità di una coalizione allargata a sinistra per affrontare le prossime sfide nazionali. Il Partito Democratico esulta per il successo importantissimo in città simbolo capoluogo di regione, mentre l’analisi del voto non si focalizza nel resto dei territori, anche in realtà locali non marginali come Rovigo, città capoluogo di provincia nel Veneto a trazione leghista, che era uno dei quattro capoluoghi finora ancora in mano al centro sinistra.
Rovigo ha eletto un sindaco di Fratelli d’Italia, così come anche la maggior parte dei 30 comuni della provincia di Rovigo che sono andati al voto, si sono rivolti a destra.
Nel Polesine, terra di Matteotti, che tutti si allineano a celebrare, dove fino a quindici anni fa e storicamente la stragrande maggioranza dei comuni era di centro sinistra, oggi la situazione è ribaltata, anche nel capoluogo, che pure ha avuto negli ultimi cinque anni un sindaco civico che ha bene amministrato ampliando progetti e interventi per la città, con una coalizione che comprendeva nell’amministrazione anche il Pd.

Cosa è successo a Rovigo in questi anni?

E’ possibile vedere chiaramente cosa è accaduto negli ultimi mesi nella città di Rovigo, dove il Partito democratico, dopo avere partecipato negli scorsi cinque anni all’amministrazione con propria ampia rappresentanza, a pochi mesi dal voto ha tolto la fiducia al sindaco e messo in atto una campagna denigratoria politica e personale contro di lui, che ha indignato molti dei propri stessi amministratori, dirigenti, elettori e cittadini.
Il risultato è stato che al primo turno alle elezioni comunali il Pd a Rovigo, presentandosi da solo con proprio candidato, ha ottenuto quasi il 7%, minimo storico per questo partito da quando esiste memoria, mentre l’ex sindaco Gaffeo ha raccolto in prima battuta il 28%, formando una coalizione fra le due liste civiche che lo hanno sempre sostenuto, il Movimento 5 Stelle, Alleanza verdi e sinistra, Più Europa e Italia viva.
Un sindaco civico con una alleanza di centro sinistra allargata, ad eccezione del Pd, che inspiegabilmente non lo ha appoggiato né al primo né al secondo turno, dove Gaffeo ha raggiunto il 41%, risultato rilevante, ma non sufficiente a mantenere la carica di sindaco.

Sorgono spontanee alcune domande e si renderebbero necessari alcuni approfondimenti.

Premesso che i vertici nazionali e regionali del Pd erano e sono a conoscenza da tempo di questa situazione, perché nessuno ha ritenuto essenziale creare le condizioni per continuare un lavoro amministrativo importante per la città e sostenere un sindaco che ha dimostrato di avere la stima dei cittadini e le condizioni per creare un campo largo progressista?

In Veneto si è dimostrato anche in altre realtà importanti (Verona, Padova, Vicenza) che l’alleanza dei partiti, in primis il Pd, con i gruppi civici locali, in larga parte frutto di esperienze dell’associazionismo sociale, culturale e ambientale hanno portato a risultati vincenti e di buona amministrazione. Perché a Rovigo dove esistevano tutte le premesse e un candidato forte e credibile, questo non è stato voluto?

In funzione dell’impegno verso le prossime elezioni regionali in Veneto non dovrebbe essere questa la strada da intraprendere cercando di aggregare tutte le forze politiche, civiche e di sinistra per affrontare la sfida del dopo Luca Zaia?

Perché non si è lavorato per evitare di perdere una città capoluogo simbolo del centro sinistra in Veneto, proprio in prossimità delle elezioni regionali?

Si potrebbe facilmente ricordare la cronica attitudine a dividersi della sinistra, ma qui c’è qualcosa di diverso. Trasversalismi, transito di voti, logoramento delle dinamiche interne al Pd hanno prevalso, nella disattenzione della segreteria nazionale e con la accondiscendenza di quella regionale.

Sorge spontanea la domanda: in quale direzione sta guardando il Pd in Veneto e a Rovigo?

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