Quando le offese vengono riportate ad un gruppo con più persone, cosa può succedere? Se ne occupa l'Avvocato del Foro di Rovigo Fulvia Fois

Care lettrici e cari lettori,

questa settimana voglio parlarvi di un’interessante pronuncia della Corte di Cassazione in materia di diffamazione aggravata.

La diffamazione aggravata online è un reato che richiede, per la sua configurazione, che il destinatario del messaggio diffamante sia riconosciuto o riconoscibile e che il post o il contenuto diffamante sia portato a conoscenza di più persone, con il conseguente rischio di sua diffusione incontrollata.

Questi presupposti, dunque, sembrerebbero circoscrivere la diffamazione aggravata on-line esclusivamente alle ipotesi in cui il contenuto diffamatorio sia pubblicato su un social network, su un sito web, su una piattaforma di condivisione di video e/o foto, o su una chat di gruppo, di fatto escludendo, invece, tutti i casi in cui lo scambio del messaggio lesivo dell’altrui reputazione intervenga tra soli due soggetti ad es. via e-mail o all’interno di una chat privata.

Sulla base di questi presupposti, si è sempre molto discusso circa la configurabilità del reato di diffamazione aggravata online anche tramite piattaforme dalla portata più ristretta, come ad esempio gruppi chiusi Facebook o chat Whatsapp.

Sul punto la giurisprudenza si è dimostrata ondivaga.

In un primo momento, infatti, la Suprema Corte ha ritenuto possibile di parlare di diffamazione nella sua fattispecie aggravata sia nel caso in cui il contenuto diffamatorio fosse condiviso all’interno di una chat Whatsapp, sia che le immagini o le parole lesive dell’altrui dignità venissero pubblicate sul proprio “stato” Whatsapp, a nulla rilevando il fatto che il soggetto interessato avesse impedito la visione dello stato ad alcuni contatti.

Tuttavia, con una recentissima pronuncia, la stessa Corte di Cassazione sembra essere giunta ad una conclusione diametralmente opposta.

La Corte, infatti, evidenzia come ai fini dell’integrazione della fattispecie aggravata del reato di diffamazione, è necessario che il contenuto diffamatorio sia stato portato a conoscenza di almeno due persone attraverso l’utilizzo del mezzo della stampa o di qualsiasi altro mezzo di pubblicità, essendo infatti rilevante a tal fine la diffusività del messaggio diffamante e la sua astratta possibilità di raggiungere un numero indeterminato di persone.

Ciò premesso, la Corte evidenzia come questa astratta “potenzialità lesiva” non sia pienamente individuabile in WhatsApp.

Come si legge nella pronuncia in esame, infatti, i giudici ritengono che la chat Whatsapp va comunque intesa come un mezzo di comunicazione ristretto, nel senso che i messaggi condivisi all’interno della stessa raggiungono solo i soggetti che ne fanno parte.

Proprio per questo si conclude che, mentre un contenuto diffamatorio pubblicato sui social network è suscettibile di una diffusione incontrollata, il contenuto diffamatorio pubblicato su una chat WhatsApp deve essere inteso come riservato – ovvero destinato ad un numero identificato e previamente accettato di persone – e, quindi, destinato a rimanere tale anche a fronte della sua possibile rapida divulgazione.

Per questo la diffamazione avvenuta all’interno di una chat Whatsapp non si può configurare come aggravata.

COSA NE PENSO IO?

Credo che la pronuncia in esame, si concentri eccessivamente sulla ristrettezza del contesto di pubblicazione e potenziale divulgazione del post diffamante fino a snaturarne il significato intrinseco.

Ciò che rileva, infatti, ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui al comma 3 dell’art. 595 c.p. non è certo il fatto che il contenuto sia stato effettivamente divulgato ma, piuttosto, la possibilità astratta della sua diffusione tra un numero indeterminato di soggetti, diffusione certamente possibile anche da una chat Whatsapp, con conseguente inevitabile travalicazione e superamento del carattere riservato del messaggio.

Questa è una rubrica di informazione e divulgazione giuridica che ha il solo scopo di voler contribuire a livello sociale alla conoscenza dei propri diritti in quanto è mia convinzione che solo così è possibile tutelarli efficacemente dal punto di vista legale.

Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.studiolegalefois.com.

Avv. Fulvia Fois

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