Crisi demografica: Rovigo la città più a rischio in Veneto

L'ufficio studie della Cgia di Mestre analizza il trend ed anticipa gli effetti 10 anni: meno Pil dal mercato immobiliare, trasporti, moda e ricettivo. Vantaggi solo per le banche

VENEZIA – Le previsioni ci evidenziano che entro i prossimi 10 anni la platea delle persone in età lavorativa (15-64 anni) presente in Veneto è destinata a diminuire di 219mila unità (-7,1 per cento).

Le ragioni di questa diminuzione vanno ricercate nel progressivo invecchiamento della popolazione: con sempre meno giovani e con tanti baby boomer destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, nei prossimi anni molti territori subiranno un autentico “spopolamento”, anche di potenziali lavoratori. Tra le 107 province d’Italia monitorate, sottolinea l’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat, solo quella di Prato registrerà in questi 10 anni una variazione assoluta positiva (+ 1.269 unità pari al +). Tutte le altre 106, invece, avranno il saldo anticipato dal segno meno.

Rovigo e Belluno i territori più a rischio spopolamento

A livello veneto, la provincia più interessata dalla contrazione demografica della fascia lavorativa tra i 15 e 64 anni sarà Rovigo. Nel Polesine entro il 2034 avremo una riduzione del 12 per cento (-16.738 unità), seguono Belluno con il -9,6 per cento (-11.557) e Venezia con il -8,6 per cento (-45.128). Insomma, lo spopolamento interesserà soprattutto i territori già oggi economicamente più in difficoltà rispetto alle altre province venete.

A pagare il conto saranno le micro e piccole imprese

Già oggi molte imprese venete denunciano la difficoltà di trovare personale preparato da inserire nel proprio organico. Figuriamoci fra qualche anno, quando il numero dei giovani che si affaccerà sul mercato del lavoro sarà sempre più esiguo e insufficiente a rimpiazzare i tanti che, invece, andranno in pensione.

Tante imprese venete, soprattutto di piccola dimensione, dovranno ridimensionare gli organici perché impossibilitati ad assumere. Per le medie e grandi imprese, invece, il problema dovrebbe essere più contenuto. Con la possibilità di offrire stipendi più elevati della media, orari ridotti, benefit e importanti pacchetti di welfare aziendale, i pochi giovani presenti nel mercato del lavoro non avranno esitazioni nel scegliere le grandi anziché le piccole e micro imprese che, questi benefici, non possono erogarli.

Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e assistenziale.

Con una società che invecchia, anche la propensione alla spesa è destinata a diminuire, condizionando, in particolare, il fatturato del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa).

Per contro, invece, le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi; con una maggiore predisposizione al risparmio, le persone più anziane dovrebbero aumentare la dimensione economica dei propri depositi, facendo così “felici” molti istituti di credito.

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