ROVIGO – “Mentre continua la propaganda del Governo dando numeri a piacere sull’occupazione, senza mai un’analisi più profonda ed oggettiva, i fatti continuano invece a dimostrare che si prosegue nella “svalorizzazione” del lavoro, considerato non come volano di sviluppo ma come semplice costo da abbattere – troppo spesso alla stessa stregua della merce – per consentire alle aziende meno illuminate di tentare di stare sul mercato (idea già dimostratasi perdente e che ha provocato solo guasti sociali, anche di prospettive previdenziali in particolare per le nuove generazioni) e nella errata concezione del “non disturbare chi produce”, uno dei mantra governativi” afferma Pieralberto Colombo, segretario generale di Cgil Rovigo.
“Per restare solo alla nostra Provincia basti pensare che ancora oltre 80% delle nuove assunzioni sono di lavoro precario, che è raddoppiata la cassa integrazione negli ultimi 18/20 mesi soprattutto nel metalmeccanico e tessile, mentre cresce il cosiddetto lavoro povero nei settori dei “servizi” (logistica compresa) e turismo in cui più alto è il rischio di applicazione di cosiddetti “contratti pirata” e cala invece negli anni quasi a doppia cifra nell’industria, cresce il part time involontario che per oltre il 70% riguarda le donne ed infine nel terzo trimestre 2024, rispetto al medesimo periodo del 2023, il bilancio occupazionale (come a Belluno) presenta un saldo leggermente negativo. Tendenze di cui il Governo tende a dimenticarsi; se è questo lo sviluppo che vogliamo c’è invece da preoccuparsi.
Questo è quanto oggettivamente accadrà anche con il cosiddetto “collegato al lavoro” approvato in via definitiva al Senato, senza alcun vero confronto con le Organizzazioni Sindacali, al di là della narrazione che ne fa chi governa oggi l’Italia.
Con tale provvedimento ci sono molte previsioni normative che nei fatti allargheranno l’ambito del lavoro precario, meno tutelato e povero, ed è giusto che le persone conoscano la realtà dei fatti, considerando poi le domande che ci vengono poste nei luoghi di lavoro o nei nostri uffici da molti lavoratori”.
La legge prevede:
“il consistente allargamento dell’utilizzo del lavoro in somministrazione. Vengono infatti esclusi dal tetto massimo del 30% previsto per i lavoratori in somministrazione, rispetto al totale dei contratti stabili nelle aziende, i lavoratori assunti dalle Agenzie a tempo indeterminato (staff leasing) o assunti per alcune esigenze (svolgimento di attività stagionali o specifici spettacoli, aziende “start up”, sostituzione di lavoratori assenti, lavoratori con più di 50 anni). Con il paradosso che tecnicamente in un’impresa potremmo trovare in futuro più lavoratori dipendenti dell’Agenzia che lavoratori dipendenti diretti dell’azienda utilizzatrice. Se questa non è una ulteriore precarizzazione della condizione dei lavoratori non saprei come altro potremmo definirla” commenta il segretario generale di Cgil Rovigo.
“Si allarga a dismisura l’utilizzo del lavoro stagionale, nella realtà molto spesso sinonimo di lavoro precario e povero. Secondo quanto scritto nel “collegato lavoro” rientreranno ora tra le attività stagionali (quindi escluse dai vincoli del normale contratto a termine) le attività previste genericamente per far fronte ad intensificazioni dell’attività lavorativa in alcuni periodi dell’anno, nonché legate ad esigenze tecnico – produttive o collegate a cicli stagionali dei settori o dei mercati serviti dall’impresa. Di fatto una liberalizzazione che potrebbe riguardare quasi tutti i settori.
Ed ancora non si applicheranno i limiti di durata e le causali per i contratti a termine in caso d’impego di disoccupati che godono da almeno sei mesi di ammortizzatori sociali o di disoccupazione non agricola o in caso d’impego di lavoratori cosiddetti svantaggiati. Lavoratori già in condizione di “fragilità” che rischieranno di vivere per anni nella precarietà che dal lavoro si riflette inevitabilmente anche nella condizione di vita
Dal prossimo gennaio l’assenza ingiustificata del lavoratore oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale o, in mancanza di previsione contrattuale, oltre i 15 giorni comporterà la risoluzione del rapporto di lavoro su input dell’azienda e tale risoluzione del rapporto sarà considerata come dimissioni del lavoratore, con conseguente perdita del diritto alla Naspi (ma non sempre le assenze ingiustificate sono una libera scelta del lavoratore). A ciò si aggiunga che si vuole pure introdurre la previsione per la quale il lavoratore che si dimette legittimamente da un impiego e poi dal lavoro che trova successivamente viene licenziato entro le prime 13 settimane dall’inizio del rapporto di lavoro non avrà comunque diritto alla Naspi, quantunque sia stato licenziato dall’azienda. Con la scusa di voler colpire qualche “furbetto” della Naspi, con questi provvedimenti si finisce invece per danneggiare anche tantissime persone serie, dando mano libera alle aziende. Si dica espressamente che in realtà si vuole far risparmiare l’Inps scaricandone i “costi” però sui lavoratori che nella stra-grande maggioranza dei casi non sono certo “furbetti”. Cosà accadrà alle moltissime persone corrette che si sono legittimamente dimesse e poi si trovano licenziate dal datore di lavoro successivo (ad esempio per non superamento del periodo di prova che ha molte ragioni o per l’avvio di procedure di licenziamento collettivo che non sono certo colpa dei lavoratori)? Oltre che più ricattabili saranno invece discriminate rispetto ad altri colleghi, senza poter percepire la Naspi.
Verrebbe da chiedersi cosa hanno fatto di male al Governo le lavoratrici ed i lavoratori dipendenti (oltre che i pensionati), viste nei fatti le tante norme che precarizzano ulteriormente il lavoro o che sembrano considerarli tutti furbetti o fannulloni.
Anche per tali ragioni Cgil e Uil si stanno mobilitando ed hanno indetto lo sciopero generale del 29 novembre scorso (LEGGI ARTICOLO) che ha visto adesioni importanti, con la partecipazione di circa 500mila persone (un migliaio solo a Rovigo) alle democratiche manifestazioni svoltesi in molte città d’Italia. Il governo dia ascolto finalmente a quelle tantissime voci. A ciò si aggiunga che come Cgil abbiamo raccolto in estate 4 milioni di firme per i quattro referendum abrogativi sul lavoro, proprio per abrogare alcune leggi che rendono il lavoro più precario, ricattabile e per aumentare la sicurezza nel delicato settore degli appalti. Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale , si voterà anche per tali referendum in una data tra il 15 arile ed il 15 giugno 2025 e fin da ora invitiamo tutti i cittadini ad andare a votare “si” e partecipare per cambiare davvero alcune tra le peggiori norme sul lavoro” conclude Colombo.