Cgil Rovigo in assemblea a Roma contro le diseguaglianze sociali: A pagare sono sempre i più poveri

Per il segretario generale Pieralberto Colombo necessita un completo cambio di paradigma che ha erroneamente visto negli ultimi 20 anni almeno la "svalutazione del lavoro" come elemento decisivo per consentire alle aziende di competere sul mercato

ROMA – Anche la Cgil di Rovigo ha partecipato sabato 18 giugno 2022 all’assemblea nazionale pubblica a Roma in Piazza del Popolo intitolata “pace, lavoro, giustizia sociale e democrazia camminano insieme” e conclusa dal segretario generale della Cgil Nazionale, Maurizio Landini.

Oltre 70 persone (lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, studenti e disoccupati) sono partite dal Polesine, in corriera o treno per essere presenti a Roma.

“L’assemblea pubblica di Roma conclude un ciclo di assemblee pubbliche in tutte le Provincie d’Italia, nelle piazze, teatri ed altro sugli stessi importanti temi – spiega il segretario generale di Cgil Rovigo Pieralberto Colombo – Nella nostra Provincia si sono svolte il 6 giugno a Rovigo, il 9 a Badia Polesine ed il 13 giugno ad Adria, sempre molto partecipate.

Si vuole discutere e condividere le nostre proposte ed azioni anche con la società civile, per fare fronte comune, e per individuare concrete soluzioni che combattano le tante diseguaglianze sociali che si stanno ulteriormente e pericolosamente acuendo dopo due anni di pandemia e con una guerra in corso, con le conseguenti inaccettabili speculazioni che ne discendono. E a pagare sempre i più poveri.

Questioni che ci interessano da vicino: La Provincia di Rovigo è la seconda Provincia del Veneto – dopo Verona – per percentuale di aumento dell’inflazione (+ 7,4%) e rimane anche nel 2021 la Provincia con i redditi medi da lavoro dipendente (ancor più gli under 30) e pensione più bassi del
resto del Veneto. Le nuove assunzioni toccano il 90% di lavoro precario (85% in Italia) e quasi il 65% dei part time è part time involontario, con basso reddito quindi, non concordato con il lavoratore e riguarda per oltre l’80% le donne.

Ecco perché servono interventi strutturali che risolvano il problema del lavoro povero e precario, spesso connessi. E lo si fa rinnovando adeguatamente i tanti contratti collettivi nazionali di lavoro ancora scaduti superando le miopi resistenze delle controparti datoriali, eliminando le forme più precarie di lavoro ed introducendo, ad esempio, un unico contratto d’inserimento al lavoro a tempo indeterminato con contenuto formativo. Formazione che deve diventare un diritto garantito a tutti nel corso della propria vita lavorativa per non rimanere esclusi dalle molte transizioni che dovremo affrontare. Necessita pertanto un completo cambio di paradigma che ha invece visto – grande errore –  negli ultimi 20 anni almeno la “svalutazione del lavoro”, scaricata quindi sulle persone, come elemento decisivo per consentire alle aziende di competere sul mercato. Va inoltre invertita la rotta che ha voluto “frantumare” il mondo del lavoro in tanti appalti e subappalti che hanno finito solo per ridurre salari e diritti, nel settore privato come nel pubblico.

Serve occupazione stabile,  dignitosa e prima di tutto sicura.

Lo si fa, ancora, con una vera lotta all’enorme evasione fiscale accompagnata da un riforma fiscale veramente progressiva e redistributiva che premi soprattutto chi ha meno ed ha sempre pagato le tasse, a partire da lavoratori e pensionati; alzando ad un livello dignitoso le tante pensioni che ancora non raggiungono i mille euro al mese ed introducendo una riforma della previdenza che superi la Legge Fornero e che, guardando alle nuove generazioni, introduca la “pensione di garanzia” (come proponiamo da tempo insieme al contrasto forte al lavoro precario) per i tanti giovani che ad oggi hanno carriere lavorative discontinue e che rischiano di essere poveri sia oggi sia quando andranno in pensione.

La pandemia ha poi messo ancora più in evidenza l’urgenza di riaffermare il valore di un sistema di welfare pubblico ed universale, non considerato solo come puro costo da ridurre, ma come importante risorsa su cui investire anche in termini di buona occupazione.

Ultimo ma non ultimo un fortissimo appello alla pace, senza la quale non c’è vera democrazia,  perché si lavori seriamente per il cessate il fuoco in Ucraina (come in tutte le altre guerre) e per una soluzione diplomatica che veda protagonista finalmente l’Europa come unico soggetto politico.
Diversamente anche questa guerra continuerà a produrre morti e distruzione soprattutto tra la popolazione civile e proseguirà con i suoi nefasti effetti sociali ed economici che colpiscono le fasce popolari anche del nostro Paese, contribuendo a diffondere persino una grave crisi alimentari nei Paesi più poveri.

Per tutte queste ragioni siamo stati nelle piazze di tutte le Provincie ed in Piazza a Roma, uscendo anche dai luoghi di lavoro per farlo insieme alle forze vive della Società che condividono tali idee e valori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultime notizie

Ultime notizie