Cgil, Cisl e Uil di Rovigo: “Salari troppo bassi. Serve più occupazione di qualità e meno precariato”

Tra le province venete, in quella di Rovigo si registra il reddito da lavoro dipendente pro capite più basso, pari a una media di 20.570 euro

ROVIGO – “Se il problema dei salari è grave per tutto il Paese, in Polesine lo è ancora di più. Tra le province venete, in quella di Rovigo si registra il reddito da lavoro dipendente pro capite più basso, pari a una media di 20.570 euro, inferiore non solo alla media veneta di 23.691 euro, ma anche a quella nazionale pari a 22.839 euro. Ai salari sostanzialmente al palo (insieme alle pensioni), si contrappone un’inflazione che invece tra il 2022 e il 2023 è cresciuta in modo esponenziale, minandone profondamente il potere d’acquisto. Sono temi su cui, come Cgil, Cisl e Uil di Rovigo, insistiamo da parecchi anni”. 

Sono le parole di Pieralberto Colombo, Segretario generale Cgil Rovigo, Samuel Scavazzin, Segretario generale Cisl Padova Rovigo e Gino Gregnanin, Segretario generale Uil Rovigo.

“Siamo convinti che tale questione sia correlata a quanto come Sindacati Confederali da tempo proponiamo: agire sulle leve che aiutino uno sviluppo duraturo che guardi alla buona occupazione e favorisca l’insediamento di attività moderne, innovative e di qualità, attraverso una co-programmazione territoriale virtuosa. Invece negli ultimi anni nel nostro territorio, forse più che altrove, è cresciuto e sta crescendo il lavoro povero, soprattutto in determinati settori, o perché vi si applicano contratti di lavoro pirata, come in una parte del comparto turistico, o perché la contrattazione collettiva è resa difficile dalla debolezza del settore stesso, contrassegnato da un’alta precarietà e stagionalità, come nei servizi. Tra questi certamente una buona parte della logistica, settore in grande espansione negli ultimi anni.

Rimane poi il problema che ancora nel nostro territorio oltre 80% delle nuove assunzioni avviene con contratti di lavoro precari o part time involontari”.

“A contribuire a mantenere bassi i salari è anche la scarsa attenzione al tema della contrattazione di secondo livello di una parte del nostro tessuto imprenditoriale, composto oltre il 90% da imprese piccole e piccolissime – sottolineano le Organizzazioni Sindacali in gran parte poco disponibili, nonostante le nostre richieste, ad accordi aziendali. Quindi lo sviluppo di attività di qualità e ben strutturate comporterebbe anche la possibilità di meglio agire sulla contrattazione di secondo livello.

Anche la Zls potrebbe contribuire a questa linea di sviluppo del territorio, perché se riuscisse ad attirare insediamenti di un certo livello, anche il lavoro potrebbe risentirne positivamente in temini di buona occupazione, sia dal punto di vista della natura contrattuale che salariale. E su questo continueremo a vigilare.

Altra considerazione significativa è che in Polesine non mancano imprese con fatturati e utili sicuramente importanti ma, più che altrove, la ricchezza prodotta non viene redistribuita adeguatamente ai lavoratori, come probabilmente avviene in misura maggiore in altre province”.

Infine c’è la questione fiscale.

“Fermo restando che la leva più importante si cui agire per aumentare i salari rimane la contrattazione nazionale – concludono Pieralberto Colombo, Samuel Scavazzin e Gino Gregnanin – su cui chiamiamo anche le controparti ad un maggiore senso di responsabilità, senza la quale, soprattutto in certi settori, i salari non potranno aumentare in modo adeguato.  Come Organizzazioni Sindacali chiediamo inoltre da tempo di abbassare, con un maggiore grado di progressività, le tasse a chi ha redditi medio-bassi e soprattutto che venga applicata la detassazione, non tanto degli straordinari – che inciderebbe in misura ridotta e sarebbe in contrasto con la richiesta di molti lavoratrici e lavoratori di meglio equilibrare i tempi di vita e di lavoro – ma sui rinnovi dei contratti, nazionali e aziendali, a partire in particolare da quelli nazionali che coinvolgono tutti in modo universale.

Sono azioni concrete che si potrebbero mettere in atto con il confronto ed il contributo delle Organizzazioni Sindacali a tutti i livelli”.

Tra le province venete, in quella di Rovigo si registra il reddito da lavoro dipendente pro capite più basso, pari a una media di 20.570 euro 

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