Il 29 luglio, nella casa della cultura e della legalità di Salvaterra (Rovigo), si è tenuto un incontro di Avviso Pubblico con gli Amministratori locali che hanno aderito all’associazione nata nel 1996 per riunire gli Amministratori pubblici che s’impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.

BADIA POLESINE (Rovigo) – Il 29 luglio, nella casa della cultura e della legalità di Salvaterra, si è tenuto un incontro di Avviso Pubblico con gli Amministratori locali che hanno aderito all’associazione nata nel 1996 per riunire gli Amministratori pubblici che s’impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.

L’evento organizzato nel contesto del campo “E!State Liberi” 2022, presso il Centro Documentazione Polesano, ha visto la partecipazione dei sindaci Giovanni Rossi di Badia, Chiara Turolla di  Arquà Polesine e Amor Zeri di Bagnolo Po. In sala anche i consiglieri comunali Sara Quaglia (a suo tempo promotrice dell’adesione ad Avviso pubblico) e Adino Rossi. Naturalmente c’erano i ragazzi di “E!State Liberi”, destinatari di questa lezione di educazione civica. 

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Relatore della serata è stato Roberto Fasoli, già consigliere regionale e ora membro della Commissione consultiva di Avviso Pubblico. Fasoli, che ha lavorato alla stesura della Legge regionale 48/2012 per contrastare la criminalità organizzata e le mafie, ha parlato di “…un’impresa straordinaria, perché fu approvata all’unanimità, facendo passare l’idea che il tema della difesa della legalità e della partecipazione responsabile non è di bandiera ma un prerequisito della politica”.  

Ai lodevoli corsisti, provenienti da mezza Italia (fra loro anche un’insegnante di matematica), il Coordinatore ha spiegato la differenza fra criminalità organizzata e criminalità mafiosa. Quest’ultima, la più pericolosa, mira al controllo del territorio, è più subdola, speso si mimetizza in quella “zona grigia” della società in cui la mafia fa affari con professionisti e imprenditori insospettabili e perciò è più difficili da identificare. Ecco perché è importante aderire ad Avviso Pubblico,una rete di enti locali che promuove concretamente la cultura della legalità e della cittadinanza responsabile, diffondendo buone pratiche amministrative. Per i Comuni, aderire significa schierarsi apertamente per la buona politica. In Polesine però sono solo 5 i Comuni che hanno aderito: Adria, Arquà Polesine, Badia Polesine, Bagnolo di Po e San Bellino. Questo, secondo Fasoli vuol dire che c’è scarsa sensibilità oppure che si sottovaluta il problema. Chiara Turolla, invece, per spiegare le poche adesioni ha puntato il dito sui colleghi “…sensibili solo a parole”.

 “Nella nostra regione, invece, c’è una forte infiltrazione mafiosa – sostiene Fasoli – e i Comuni più piccoli sono i più esposti, perché meno strutturati ed attrezzati”. Considerare le mafie estranee al nostro territorio è un errore, perché come diceva Falcone dove ci sono i soldi c’è la mafia. Le Prefetture lo sanno e monitorano la situazione intervenendo quando possibile con provvedimenti interdettivi, ma non basta. 

Poiché essere onesti è solo un prerequisito per fare politica, occorre competenza amministrativa. Per questo in Lombardia, Veneto ed Emila Romagna sta nascendo “Amici di Avviso pubblico”, fatto da ex amministratori che collaborano per far crescere la cultura della legalità e creare un cordone sanitario contro le mafie. 

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Vivacissimo il dibattito finale, col sindaco di Badia a sollevare il tema delle responsabilità, dopo che il Testo unico degli Enti locali, limitando gli eletti al solo potere d’indirizzo politico amministrativo, demanda alla dirigenza competenze con autonomi poteri di spesa, organizzazione delle risorse umane e strumentali, che impegnano l’amministrazione verso l’esterno. “Parlare di responsabilità in questo contesto ha poco senso”, dice Rossi che cita  l’esempio eclatante dei lavori pubblici. “La legge prevede per l’aggiudicazione degli appalti determinati requisiti antimafia ma, sotto i 150mila euro non richiese alcuna qualificazione e Chi vince, può subappaltare sfuggendo ai controlli”. Senza contare che gli amministratori prima o poi se ne vanno, mentre i funzionari restano anche quarant’anni. Non è vero quindi che le mafie usano i politici ma degli strumenti con cui la politica si muove. Bisognerebbe turnare i dirigenti almeno ogni dieci anni. 

Mentre Fasoli è parso concordare, Gianfranco Quaglio della segreteria provinciale Spi-Cgil, ha eccepito contestando i rimpalli di responsabilità.

Tirando le somme, Roberto Fasoli ha invocato una rivoluzione culturale, perché sono i comportamenti quotidiani a far capire che la legalità conviene e che le regole sono una garanzia per tutti.

Ugo Mariano Brasioli

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